venerdì, dicembre 4

La felicità sostenibile...


II modello economico, sociale e politico dominante sta crollando sotto i colpi della crisi finanziaria globale e dell'emergenza ambientale. Questo libro dimostra che si può cambiare, e in meglio.
Siamo abituati ad associare il benessere con la crescita economica, cioè con l'aumento dei beni prodotti, misurato dal Pil, il Prodotto interno lordo. Maurizio Pallante sostiene invece da anni che la crescita non può andare avanti all'infinito, che ci sono limiti imposti dalle risorse disponibili e dalla necessità di salvaguardare l'ambiente, e che è indispensabile scegliere un modello alternativo, l'unico che ci può offrire un futuro sostenibile: la Decrescita Felice.
In questo libro, Pallante offre preziosi consigli pratici per applicarlo in prima persona, traendo grandi benefici nella nostra vita quotidiana: dal ritorno all'autoproduzione dei beni alla creazione di orti comuni, da una nuova organizzazione per essere autosufficienti anche nei servizi (per esempio per l'assistenza a bambini e anziani) a idee brillanti per il risparmio energetico.
La recessione, afferma Pallante, è un’ancora di salvezza.

Sprechi: tra processo di trasformazione e uso finale, una lampadina a incandescenza disperde il 95% dell’energia; per ricavare una bistecca di manzo da un etto, occorrono tremila litri di acqua.

Beppe Grillo ha scritto: «Pallante ha il gusto della provocazione, ma anche il pallino della concretezza. Non si limita a criticare, propone anche».

La felicità — di una persona o di una comunità — può essere sostenibile? Attanagliati dalla crisi economica e dall’emergenza energetica e ambientale, possiamo sperare in un futuro di benessere e serenità? Sì, afferma Maurizio Pallante, ideatore della Decrescita Felice. Dobbiamo però invertire la rotta, ribellandoci all’imperativo che ci ha guidati nell’ultimo secolo — la crescita a ogni costo, misurata con l’aberrante strumento del Pil — e stabilire un nuovo modello di sviluppo.

La Decrescita Felice è una filosofia concreta che chiunque, ciascuno quotidianamente e i governi in politica, può mettere in pratica. Decrescere non vuol dire rinunciare a nulla, ma modificare i comportamenti che implicano inutili sprechi. Se rimaniamo imbottigliati nel traffico, bruciamo litri di carburante (accrescendo il Pil!), ma non passiamo ore piacevoli. Perché allora non usare mezzi alternativi o ridurre al minimo gli spostamenti? Se una famiglia — anziché acquistare frutta e verdura costosa perché proveniente dalla parte opposta del pianeta — coltiva un orto, mangia alimenti più freschi e risparmia. Ancora: se perdiamo l’abitudine di passare il sabato al centro commerciale e aderiamo a un gruppo d’acquisto solidale, spendiamo meno e abbiamo pure l’occasione di costruire rapporti basati sulla collaborazione e la fiducia.

Investire nelle tecnologie per il risparmio energetico e nelle eco-case, autoprodurre beni, ridurre i rifiuti, instaurare relazioni fondate sulla reciprocità e sul dono invece che sulla competizione… Perseguendo questi obiettivi, la Decrescita Felice corregge le storture del nostro modello economico e indica la via per un’altra dimensione del benessere, in un mondo meno inquinato e in una società più umana. Non è un’utopia, ma una nuova vita che possiamo cominciare già oggi.
Roberta


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