lunedì, gennaio 31

Si, viaggiare evitando di evitare le buche più dure.











EMILIUMANO
almeno 5

domenica, gennaio 30

No ceiling



Arriva il mattino
Quando riesco a sentire
Che non è rimasto niente da cui nascondersi
Muovendomi in una scena surreale
No, il mio cuore non sarà mai, non sarà mai lontano da qui

Certo come il mio respirare
Certo come il mio essere triste
Terrò questa saggezza nella mia carne
Me ne vado da qui credendo più di prima
E c'è una ragione per cui, una ragione per cui tornerò

Mentre cammino per l'emisfero
Ho il mio desiderio di sollevarmi e scomparire
Sono stato ferito, sono stato guarito
Ora mi sono liberato per atterrare, liberato per atterrare

Certo come il mio respirare
Certo come il mio essere triste
Terrò questa saggezza nella mia carne
Me ne vado da qui credendo più di prima
Questo amore è senza tetto

Maritza

venerdì, gennaio 28

Satyagraha...

da TEORIA E PRATICA DELLA NON VIOLENZA (Gandhi)

Credo che nel caso un cui l'unica scelta possibile fosse quella tra la codardia e la violenza , io consiglierei la violenza. Ad esempio quando mio figlio maggiore mi chiese che avrebbe dovuto fare se fosse stato presente quando nel 1908 fui aggredito quasi ucciso, se avrebbe dovuto fugire e vedermi uccidere oppure avrebbe dovuto usare la sua forza fisica, come avrebbe potuto e voluto, io gli risposi che sarebbe stato suo diritto difendermi anche facendo ricorso alla violenza.

In base a questo stesso principio ho partecipato alla guerra contro i boeri, la cosidetta ribellione degli zulu, e all'ultima guerra. E sempre in base a questo principio mi sono dichiararo favorevole all'addestramento militare di coloro che credono nel metodo della violenza. Preferirei che l'India ricorresse alle armi per difendere il suo onore piuttosto che, in modo codardo, divenisse o rimanesse testimone del propio disonore.

Tuttavia sono convinto che la non-violenza è infinitimamente superiore alla violenza , che il perdono è più virile della punizione. La clemenza nobilità il soldato. Ma esiste vera clemenza solo quando si ha il potere di punire. E' difficile che un topo perdoni un gatto mentre viene fatto a pezzi da questo.

Perciò comprendo i sentimenti di coloro che chiedono la giusta punizione del generale Dyer e dei suoi pari. Ma io non credo che l'India sia una nazione impotente. E non credo che io sia una creatura impotente. Voglio soltanto usare la forza dell'India e la mia per un fine migliore.

Non vorrei essere frainteso. La forza non deriva dalla capacità fisica. Essa deriva da una volontà indomabile. Un qualsiasi zulu fisicamente sarebbe più che in grado di affrontare un inglese. Ma egli fugge davanti ad un ragazzo inglese, perchè ha paura della pistola del ragazzo o di coloro che possono usarla contro di lui. Malgrado il suo aspetto potente egli teme la morte e non ha coraggio.

Noi in India prima o poi comprenderemo che non è possibile che centomila inglesi incutano timore a trecento mlioni di esseri umani. E il perdono significherebbe il riconoscimento della nostra forza. Un illuminato persono produrrebbe in noi sicuramente una potente ondata di forza, che renderà impossibile ad un Dyer o un Frank di ricoprire di ingiurie un India remissiva.

Per me non ha molta importanza che per il momento le mie opinioni non vengano ascoltate. Ci sentiamo troppo calpestati per non essere infuriati e desiderosi di vendetta. Ma non possono fare a meno di affermare che l'India può ottenere di più rinunciando al diritto di punire. Abbiamo un compito migliore da svolgere, una missione migliore da compiere nel mondo.

Non sono un visionario. Sostengo di essere un idealista pratico. La religione della non -violenza non è concepita solo per i rishis e i santi. Essa è concepita anche la gente comune. La non violenza è la legge della nostra specie come la violenza dei bruti. Lo spirito del bruto è addormentato ed egli non conosce altra legge che la forza fisica. La dignità dell'uomo richiede l'obbedienza ad una legge più elevata, alla forza dello spirito.

Mi sono risolto dunque a riproporre all'India l'antica legge dell'autosacrificio. Infatti il satyagraha e cio che da esso deriva, la non-collabolarione e la resistenza civile, non sono altro che nuovi nomi per indicare la legge della sofferenza. I rishis che, in mezzo alla violenza scoprirono la legge della non-violenza furono dei geni più grandi di Newton. E furono anche dei guerrieri più grandi di Wellington. Avendo conosciuto l'uso della armi, essi compresero la sua inutilità, e insegnarono ad un mondo stanco che la sua salvezza non era nella violenza ma nella non-violenza.

La non-violenza nella sua dimensione dinamica significa sofferenza cosciente. Essa non significa docile sottomissione alla violontà del malvagio, ma significa l'impiego di tutte le forze dell'anima contro la volontà del tiranno. Agendo guidati da questa legge è possibile anche ad un solo individuo sfidare l'intera potenza di un impero ingiusto per salvare il proprio onore la propria religione e la propria anima, e porre le basi per il crollo o la generazione di tale impero.

Dunque io non sostengo che l'India deve praticare la non-violenza perchè è debole. Voglio che essa pratichi la non-violenza cosciente della propria forza non è necessario nessun addestramento alle armi. Ci sembra di averne bisogno perchè pensiamo di essere soltanto un ammasso di carne. Io voglio che l'India acquisti coscienza di sollevarsi trionfalmente sopra qualsiasi debolezza fisica e sfidare l'unione della forza materiale del mondo intero.

Che cosa rappresenta Rama, un semplice essere umano, con il suo esercito di scimmie, che si impegna nella lotta contro la forza insolente di Ravan dalle dieci teste, che circondano da ogni lato dalle acque vorticose di Lomka, appariva invincibile?

Tuttavia, essendo un uomo pratico, io non penso si debba aspettare fino a che l'India prenda coscienza della possibilità di praticare la vita spirituale nel mondo politico. L'India si considera impotente e paralizzata di fronte alle mitragliatrici, i carri armati e gli aerei degli inglesi e pratica la non violenza come conseguenza della sua debolezza. Se praticata da un numero sufficiente di persone tuttavia la non collaborazione condurrà allo stesso fine, cioè alla liberazione daell'India dal peso schiacciante dell'ingiustizia inglese.

La non collaborazione come io la intendo non può essere praticata parallelamente alla violenza. Tuttavia invito ache i fautori della violenza a tentare la via di questa pacifica non collaborazione.Essa non fallirà per una sua intrinsecadebolezza; al contrario potrà fallire se ad essa si avranno scarse adesioni. E tale fallimento sarà causa di un grave pericolo.

Gli uomini nobili d'animo, che non sono capaci di sopportare più a lungo l'umiliazione nazionale, vorrano sfogare la loro collera. Essi ricorreranno alla violenza. E, a quanto mi è dato di vedere periranno senza riusire a liberare se stessi e il loro paese dall'ingiustizia. Se l'India accoglie la dottrina della spada, potrà ottenere uns vittoria momentanea. Ma in tal caso l'India cesserà di essere essa.

Credo fermamente che essa abbia una missione da compiere nel mondo. Essa non è destinata a copiare l'Europa. Quando l'India accetterà la dottrina della spada sarà per me il momento di essere chiamato a giudizio. Spero di non venir trovato colpevole. La mia religione non ha limiti geografici. Se avrò una completa fede in essa, essa supererà il mio amore per l'India. La mia vita è consacrata al servizio dell'India attraverso la religione della non-violenza, che io credo sia la radice dell'induismo.


nazzucau
...lo sto leggendo in questo giorni ed è veramente attuale e fa pensare.
Si parla tanto del 150enario dell'italia: Camillo Benso primo ministro della prima italia affermava che la cosa più importante per una nazione è la sua dignità. Forse ogni italiano dovrebbe guardare nella propria coscienza e chiedersi che fine ha fatto...

Buon week end

domenica, gennaio 23

Notte Horror. Come faceva Zio Tibia.

Tempo fa frequentai un corso di scrittura creativa. Conosco poche persone a cui non piace scrivere. Il resto delle persone, che scarabocchino(1) pensieri sparsi su un foglietto volante, o che siano convinte di aver scritto il romanzo del secolo, amano tutte scrivere. Del resto, da quando si impara a farlo, serve veramente poco per metterlo in pratica: un foglio di carta bianco e una penna.
Dicevo che tempo fa frequentai un corso di scrittura: oltre ad insegnarci la tecnica della scrittura (favola, intreccio, narratore in prima e in terza ecc..) ci proponevano di scrivere delle nostre emozioni. O meglio: ci consigliavano di tirare fuori le emozioni sotto forma di racconto. Una volta uscì fuori il tema “Panico”. E io scrissi questa cosa che sto per copiare/incollare.





Sento i suoi occhi puntati addosso. Il suo sguardo caleidoscopico mi congela le articolazioni, mi impedisce il movimento, la fuga. Sono ferma come lui, ma nella sua immobilità si nasconde una subdola danza di guerra, i preparativi della vittoria nei miei confronti. Tesse la tela della vendetta, ricorda bene il giorno in cui le setole infernali della mia scopa massacrarono la sua famiglia. Adesso è lì, mi fissa nell’attesa di un mio movimento sbagliato che gli consenta finalmente di portare le sue molteplici zampe a contatto con il mio corpo. Mi alzo lentamente senza spostare lo sguardo da quel corpo sinuoso e da quelle zampe rachitiche, la sua vista mi ipnotizza e mi affascina al tempo stesso, sento provenire da quel organismo minuscolo un’immensa presenza. Mi muovo intorno al tavolo con movimenti lenti, devo arrivare alla scopa prima che lui abbia il tempo di arrivare a me. Lui non perde nemmeno un passo e studia le mie mosse, si prepara alla battaglia. Lo immagino con gli occhi infuocati e la bava alle tenaglie, lo immagino volere la mia morte più di quanto si desideri quella del peggior nemico. Sono a pochi passi dalla scopa, mi sembra di vederlo muovere ma capisco che sono io che giro attorno a lui, cambia l’angolazione e con essa la sua forma diabolica, le sue zampe si allungano, la sua tela si tinge di nero. Chiudo gli occhi per non farmi assalire dal panico, allungo la mano e prendo la scopa, l’unica arma che possa aiutarmi a sconfiggere il nemico. Torno velocemente al punto di partenza per non farmi raggiungere da lui, ho capito la sua strategia oramai: l’attesa paziente prima dell’attacco. Rimane immobile e pianifica i suoi movimenti futuri, sembra conoscere già la fine della partita. Inizio il mio attacco, rovescio la scopa con le setole verso l’alto e la indirizzo verso di lui. Sento il sudore uscire dai pori come l’acqua da una spugna strizzata, ho i palmi delle mani fradici e la scopa mi scivola. Chiudo gli occhi, meno un fendente e scappo lontano da lì. Ho appena terminato una delle corse più lunghe della mia vita, lancio la scopa in un angolo quasi fosse infetta, ma subito capisco di aver fatto la mossa falsa: e se lui fosse ancora vivo? Sarei io l’artefice della sua contromossa, permettendogli di scegliere la sua posizione strategica lasciandomi ignara dei suoi spostamenti fino al giorno in cui sarò io a raggiungere lui a mia insaputa. Non posso essere stata così idiota, non io. Lasciare al nemico l’occasione e il tempo di raggiungermi con calma e farmela pagare. Me lo ritroverò nel letto e nel sonno mi entrerà dalla bocca e farà delle mie viscere il suo macabro lunapark. Sento un sapore dolciastro in bocca, mi rendo conto di essermi morsa le dita fino a farle sanguinare. Corro in bagno e lascio che l’acqua corrente mi allevi il dolore e faccia sparire il sangue, guardo il rivolo rosso mischiarsi al liquido trasparente e sparire nel vortice del lavabo. La mia immagine allo specchio appare sfocata, guardo ancora le mani e vedo le estremità completamente rosse. L’immagine allo specchio da sfocata diventa rossa, poi bianca e poi niente. Mi risveglio dopo un’ imprecisata manciata di minuti con la sensazione di avere una lastra di ghiaccio attaccata alla guancia destra, mi alzo dal pavimento e getto nuovamente le mani insanguinate sotto l’acqua. Sono stordita, ho bisogno di bere per riprendermi. Fascio velocemente le mani e mi dirigo in cucina, girando alla larga dalla scopa che ancora giace a terra. Prendo dal frigorifero una bottiglia e riempio un bicchiere di acqua ghiacciata, ingoio con foga il liquido che scende nello stomaco passando per l’esofago e dandomi la sensazione di un fuoco in gola. Passano pochi minuti e una fitta al ventre mi piega in due, mi accascio a terra e capisco il motivo del mio malessere. Sono bastati pochi minuti di svenimento al maledetto ragno per uscire allo scoperto ed entrare dentro di me. Il party viscerale ha dunque inizio. Si nutrirà piano delle miei interiora lasciandomi morire in una lenta agonia. Inizio a vomitare sperando di espellere dal mio corpo il maledetto aracnide che si è impadronito di me. Sudata, con la frangia incollata alle tempie, mi giro verso l’angolo da cui ho estirpato il funesto insetto che ora si ciba di me. Ma lui invece è ancora lì che mi fissa dal suo groviglio di bava, immobile. Sento di nuovo i suoi occhi puntati addosso. Il suo sguardo caleidoscopico mi congela le articolazioni, mi impedisce il movimento, la fuga. Sono ferma come lui, ma nella sua immobilità si nasconde una subdola danza di guerra, i preparativi della vittoria nei miei confronti.



Inutile puntualizzare che sono aracnofobica.
E rileggendo questa cosa dopo tre anni dall’averla scritta forse mi fa anche pensare di essere pazza.

Buona lettura.

B. ma non come Berl.



(1) microsoft word me lo da errato. Non è una cosa osè .E’ solo il congiuntivo presente del verbo scarabocchiare.

lunedì, gennaio 17

La bellezza: l'oggettivo nel soggettivo...



"La bellezza delle cose esiste nella mente di chi le osserva."
(David Hume)

"Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti o che non hanno mai inciampato. A loro non si è svelata la bellezza della vita."
(Boris Pasternak)

"Anche se giriamo il mondo in cerca di ciò che è bello, o lo portiamo già in noi, o non lo troveremo."
(Ralph Waldo Emerson)

"La bellezza salverà il mondo"
(Fedor Dostoevskij)

"La vera bellezza, dopo tutto, sta nella purezza di cuore..."
(MAHATMA Gandhi)


Figo

domenica, gennaio 9

Nella musica, io sono la melodia


Avevo quasi dimenticato quanto sia importante un sottofondo musicale che accompagni le situazioni che lo concedono. Nel mio vecchio ufficio c’era sempre la radio accesa, certo, non quella che avrei voluto io, ma era comunque un piacevole riempimento. Poi è successo che ho cambiato lavoro e pare che la radio in sottofondo non sia sentita di buon orecchio. Pazienza. Userò le cuffiette. Che non sono proprio pratiche quando in otto ore devi alzarti dalla scrivania più o meno una ventina di volte. E quindi ho quasi perduto la buona abitudine di ascoltare musica mentre lavoro.
Parliamo dello stereo in macchina: non c’è niente di meglio che sentire m. mentre si guida, soprattutto se si è da soli. Poi è successo che dei buontemponi mi hanno fregato il frontalino della radio (sì, solo il frontalino) e, vuoi perché sono pigra, vuoi perché sono una cifra pigra, ancora non ho ripreso uno stereo per l’auto.
Questi giorni invece mi sono ubriacata di musica, grazie al fatto che non sono stata in ufficio, grazie “alle situazioni che lo hanno concesso” e grazie anche al telefono che mi permette di sentire la radio quando sono in macchina.
E mi sono ricordata di quanto è bello ascoltare musica.
C’è una buona abitudine a casa mia, fin da quando ero piccola: la domenica mattina si ascolta la musica. Che sia un vinile, la radio, o un cd, in casa mia c’è lei.
Il retaggio quindi è che la domenica sia per me il "music day"; oggi è domenica, ed ecco la mia playlist. Per ora mi fermo a 5 da mood tranquillo.

Buon Ascolto.
bi.












"Nella Musica, io sono la melodia"
dalla Bhagavad Gita